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giovedì 3 febbraio 2011

Donne avvocato in Arabia

Donne avvocato in Arabia



Un canale tv di Dubai ha proposto ieri sera un’intervista live a due donne avvocato in collegamento dall’Arabia Saudita. Il dibattito riguardava l’accesso delle donne saudite alla professione forense. Entrambe laureate in legge nello Yemen, le avvocatesse rivendicavano il loro diritto ad esercitare nel proprio paese; entrambe avevano gia’ lavorato presso tribunali yemeniti e in forza di cio’ si chiedevano per quale motivo non potessero farlo in Arabia Saudita. La legge, di fatto, non lo vieta.
Uno studio legale saudita aveva scelto di delegare ad una avvocatessa un caso da seguire in tribunale, ma una volta giunta in aula la donna si era vista negare il dibatttimento da parte dal giudice. Per quali motivi?
Facciamo un passo indietro. La societa’ saudita e’ schematicamente sdoppiata in due: doppie scuole, doppie universita’, doppi ospedali, doppi servizi, tutto finalizzato ad impedire la promiscuita’. Le donne non possono guidare ne’uscire di casa da sole a meno che non siano accompagnate da un familiare o da un’autista autorizzato dai familiari.
Non possono intrattenersi in pubblico, - per esempio in un locale o per la strada -, da sole, con un uomo diverso da uno stretto congiunto (purche’non sia un cugino), pena l’inflessibile intervento della polizia religiosa e l'eventuale caso in tribunale, con condanne che vanno dall’ammenda alla pubblica e umiliante fustigazione inflitta ad entrambi.
Cio’non toglie che le donne saudite facciano esattamente tutto cio’ che fanno le donne straniere. Studiano, lavorano, vanno in palestra, fanno la spesa, si incontrano tra amiche, si aggirano per i mall con impeccabili tacchi a spillo, e soprattutto viaggiano all’estero, anche da sole, sebbene solo se autorizzate dall’uomo di casa. Questo universo impenetrabile va osservato in punta di piedi poiche’ siamo di fronte ad una cultura diversa nei confronti della quale lo spirito critico non e’sufficiente, o perlomeno dovrebbe essere filtrato da ogni spinta emotiva. Nel corso degli anni ho conosciuto diverse donne musulmane che dopo una lunga esperienza di vita in KSA ne riportavano ricordi negativi causati proprio dalle complicazioni nella loro vita pratica quotidiana, ma sono moltissime anche le donne straniere non musulmane che vivono e lavorano in KSA.
Tornando alle nostra avvocatessa saudita, veniamo a sapere dalle sue affermazioni che in KSA l’interdizione al foro risulta de facto, vale a dire tradizionalmente accettata ma affatto prevista dalla normativa, e che per effetto di questo mondo sdoppiato l’ingresso in aula di una donna andava considerato fuorilegge perche’ la donna era sola e si intratteneva a parlare in luogo pubblico con un uomo diverso da un proprio congiunto. Non avendo altri appigli per motivare il diniego, il giudice rispose che avrebbe parlato con lei solo se accompagnata dalla madre, o dal marito, e che avrebbe dialogato solo attraverso interposta persona. E’ importante sottolineare che in qualitá di legali le due donne avevano comunque ottenuto una delega da parte di un uomo, in un caso, da un avvocato, nell’altro, da un assistito.

L’intervista proseguiva in maniera pacata e le avvocatesse erano razionali e determinate a proseguire la loro istanza personale. In un certo senso posso dire di avere assistito ad una vera battaglia per i diritti delle donne in Arabia Saudita, condotta peraltro con notevole apertura e trasparenza: in pubblico, in un canale televisivo, con un dialogo diretto e privo di retorica bizantina o provocazioni artificiose e malfidate. Per cogliere e apprezzare la prontezza di queste donne nel muoversi all’interno di quegli spazi di vuoto normativo senza infrangere la legge al fine di raggiungere i propri obiettivi personali e’necessario mettere da parte l’apparenza di quelle abaye nere e del velo e conoscere un po’ la cultura araba del golfo.

In altri Paesi del golfo e qui in Oman in particolare la presenza di donne nei tribunali e’invece piuttosto consistente. Nel foro di Muscat e’ rimarcabile il numero di donne avvocato per la maggiorparte sudanesi, irakene, egiziane e tunisine, provenienti cioé da Paesi che nel mondo arabo hanno una consolidata tradizione nel campo degli studi giuridici.
Presso gli studi legali locali collaborano avvocatesse britanniche, indiane, e anche un’italiana, ma esclusivamente come procuratori e consulenti aziendali, poiche’il vincolo e’quello della perfetta conoscenza della lingua araba scritta e parlata, oltre che dello specifico linguaggio giuridico. Infine, malgrado il fatto che la normativa omanita sia fondata sulla legge islamica, l'accesso in aula non e’interdetto ad avvocati cristiani.
La costituzione dello stato, (parte I), recita:
Articolo (1) Il Sultanato dell’Oman e’uno stato sovrano indipendente, Arabo, Islamico, con capitale Muscat.
Articolo (2) La religione di Stato e’ l’Islam e la Shariah Islamica e’ la base della legislazione.
Articolo (3) La lingua ufficiale dello Stato e’ l'arabo.

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